«Siamo andati a fare benzina a un self service, è lì che ci abbiamo pensato - hanno raccontato ai carabinieri i tre aggressori - Abbiamo riempito una bottiglia di benzina e siamo tornati alla stazione. Lui stava su una panchina al binario uno. Ma doveva essere solo uno scherzo». «L'abbiamo tirato giù da dove dormiva - hanno spiegato - Lui ha reagito. Ci siamo beccati qualche spintone e lui s'è preso un paio di cazzotti. Gli abbiamo spruzzato addosso la benzina e gli abbiamo dato fuoco con un accendino. Eravamo pronti a spegnerlo subito. Ma lui è scappato. Si spegneva le fiamme con le mani. E allora siamo scappati pure noi: non sapevamo che fare».
Questo l'agghiacciante racconto di tre ragazzi di età compresa tra i 16 e i 29 anni che sabato scorso, hanno letteralmente dato fuoco a un uomo di origini indiane che dormiva alla stazione di Nettuno. Tentativi di analisi psico-sociologiche a parte resta il fatto terribile che questo "branco" ha compiuto, come si trattasse dell'ennesimo diversivo, del passatempo per chiudere la serata e poi andare a dormire come niente fosse. Non so se il razzismo xenofobo sia sufficiente a spiegare queste aberrazioni, non so nemmeno più se prendersela con il rimbecillimento televisivo di berlusconiana matrice possa esaurire il dibattito. Quel che è certo è che per l'ennesima volta è necessario un grido di allarme e l'allerta delle istituzioni, dei poli educativi, delle famiglie perchè il valore della vita non è qualcosa che solo la scuola deve insegnare, anzi la scuola secondo me dovrebbe intervenire a posteriori, quando la famiglia ha già tracciato i sentieri dell'essere nel mondo della persona. Ma allora scarichiamo tutto il peso di questo difficile compito -l'educazione ai valori - addosso alla famiglia? Anche questo pesante interrogativo per ora mi sconcerta, dal momento che non sono genitore (anche se figlia, sì, questo lo sono) ma in ogni caso sento quanto sia ormai profondo il disagio di questi adolescenti, di questi giovani, delle loro famiglie, degli "educatori", di coloro che provano a lavorare con tutti loro, di quanto radicato sia il malessere. Al di là di ogni retorica mi piacerebbe ricordare, per chiudere, questa frase che ho trovato citata nel sito de Il Manifesto, nel blog riservato proprio alla discussione di questi temi:
"Siate sempre capaci di sentire nel profondo qualsiasi ingiustizia commessa contro chiunque...in qualsiasi parte del mondo. E' la qualità più bella di un rivoluzionario".
Ernesto Guevara De la Serna più noto come Che Guevara